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sabato 29 agosto 2009
giovedì 27 agosto 2009
Buon Giorno.
Ed ecco qua.
Anche per oggi doccia fatta, mi sono alzata relativamente presto, fatto colazione con il solito caffè di moca nella mia tazza preferita e mangiato qualcosa di quello che c’era in casa.
Oggi in cucina entrava anche un filo d’aria insolito, fresco, quasi primaverile che mi ha gettato in una dimensione irreale, una stagione futura, e che ha appoggiato i miei pensieri a tra qualche mese, investendomi gli occhi di domande, come un oroscopo all’incontrario.
Ho compiuto gesti normali, alzato la tapparella della stanza fino quasi all’orlo, acceso il computer per controllare la posta come ogni mattina, scelto cosa indossare dopo la doccia, messo il cellulare in carica, rifatto meticolosamente il letto in tutte le sue pieghe, domandato a me stessa come ogni mattina il perché d’estate io non cambi la fodera dei cuscinoni che ho a fondo letto dato che questi sono invernali. E girato la testa a destra e a sinistra, in senso orario, per convincermi che questo mi basti a non sentire il gran dolore di cervicale che mi attanaglia. Ma tant’è, a convivere con l’errore ci sono abituata. Mi pento di non aver ancora imparato a seguire il suggerimento del mio insegnante di solfeggio, che nei miei teneri 12 anni sapeva già troppe cose di me, della donna che sarei diventata, e che non può vedere più con occhi terreni.
Potrei fare progetti incalzanti per la giornata odierna, ma ho già l’agenda piena di appuntamenti per il pomeriggio, e mi convinco di muovere i passi giusti dentro questo fine mese d’estate, in cui non piove da giorni e tutto sembra essersi fermato come in un documentario di bradipi, una sedia di legno rotta, un quadro storto in una casa disabitata.
Va tutto bene, le ore rotolano via con la sfrontatezza della mia giovane età, e non c’è niente di veramente preoccupante che non sia di ragione economica, ma tanto si è capito che siamo tutti sulla stessa barca, e quando si è in tanti a soffrire dello stesso male ci si sente avvolti in un unico grande abbraccio materno, e la barca naviga a pelo d’acqua, come un’anatra sul fiume.
Ma allora cosa manca?
Che cos’è questo vuoto che avanza lento, questa parata domenicale disordinata e stanca?
Che cosa manca a questo cuore, che io non riesca a vedere da me?
E che cosa mi servirà mai per capire tutto il resto, tutto questo, tutto e adesso?
Non lascio mai raffreddare il caffè nella tazza. Lo bevo sempre caldo, non bollente ma caldo. Ma ci sono giorni in cui vorrei fare tutto il contrario del solito, per vedere se uscendo dagli schemi posso scoprire che mi piace lo stesso il caffè se è diventato tiepido, e non curarmi dei dettagli più di tanto, dimenticando i punti di riferimento, i lacci alle scarpe, gli anelli alle dita.
E illudermi di essere felice senza di me.
Anche per oggi doccia fatta, mi sono alzata relativamente presto, fatto colazione con il solito caffè di moca nella mia tazza preferita e mangiato qualcosa di quello che c’era in casa.
Oggi in cucina entrava anche un filo d’aria insolito, fresco, quasi primaverile che mi ha gettato in una dimensione irreale, una stagione futura, e che ha appoggiato i miei pensieri a tra qualche mese, investendomi gli occhi di domande, come un oroscopo all’incontrario.
Ho compiuto gesti normali, alzato la tapparella della stanza fino quasi all’orlo, acceso il computer per controllare la posta come ogni mattina, scelto cosa indossare dopo la doccia, messo il cellulare in carica, rifatto meticolosamente il letto in tutte le sue pieghe, domandato a me stessa come ogni mattina il perché d’estate io non cambi la fodera dei cuscinoni che ho a fondo letto dato che questi sono invernali. E girato la testa a destra e a sinistra, in senso orario, per convincermi che questo mi basti a non sentire il gran dolore di cervicale che mi attanaglia. Ma tant’è, a convivere con l’errore ci sono abituata. Mi pento di non aver ancora imparato a seguire il suggerimento del mio insegnante di solfeggio, che nei miei teneri 12 anni sapeva già troppe cose di me, della donna che sarei diventata, e che non può vedere più con occhi terreni.
Potrei fare progetti incalzanti per la giornata odierna, ma ho già l’agenda piena di appuntamenti per il pomeriggio, e mi convinco di muovere i passi giusti dentro questo fine mese d’estate, in cui non piove da giorni e tutto sembra essersi fermato come in un documentario di bradipi, una sedia di legno rotta, un quadro storto in una casa disabitata.
Va tutto bene, le ore rotolano via con la sfrontatezza della mia giovane età, e non c’è niente di veramente preoccupante che non sia di ragione economica, ma tanto si è capito che siamo tutti sulla stessa barca, e quando si è in tanti a soffrire dello stesso male ci si sente avvolti in un unico grande abbraccio materno, e la barca naviga a pelo d’acqua, come un’anatra sul fiume.
Ma allora cosa manca?
Che cos’è questo vuoto che avanza lento, questa parata domenicale disordinata e stanca?
Che cosa manca a questo cuore, che io non riesca a vedere da me?
E che cosa mi servirà mai per capire tutto il resto, tutto questo, tutto e adesso?
Non lascio mai raffreddare il caffè nella tazza. Lo bevo sempre caldo, non bollente ma caldo. Ma ci sono giorni in cui vorrei fare tutto il contrario del solito, per vedere se uscendo dagli schemi posso scoprire che mi piace lo stesso il caffè se è diventato tiepido, e non curarmi dei dettagli più di tanto, dimenticando i punti di riferimento, i lacci alle scarpe, gli anelli alle dita.
E illudermi di essere felice senza di me.
mercoledì 26 agosto 2009
giovedì 20 agosto 2009
Inferno bellissimo.
C'e' un inferno bellissimo
un inferno affascinante
che nelle sue fiamme
mi trascina
bruciando la parte
più acerba del mio vestito
e strappando pezzo per pezzo
il mio esile ed innocente corpo
Un inferno dolcissimo
che fra le sue calde pareti
mi avvolge
bruciando la parte
più falsa del mio io
infantile e incoerente
Un inferno dove vorrei
cadere piano ogni giorno
per l'insaziabile ansia
di rovente ingiustizia
che occupava il mio tempo
I miei occhi sono chiusi
le mie mani stanche
ho sete e soffro
ma non abbastanza
Scendo ancora una volta
solo una, una soltanto
nel mio amato groviglio
di libri.
un inferno affascinante
che nelle sue fiamme
mi trascina
bruciando la parte
più acerba del mio vestito
e strappando pezzo per pezzo
il mio esile ed innocente corpo
Un inferno dolcissimo
che fra le sue calde pareti
mi avvolge
bruciando la parte
più falsa del mio io
infantile e incoerente
Un inferno dove vorrei
cadere piano ogni giorno
per l'insaziabile ansia
di rovente ingiustizia
che occupava il mio tempo
I miei occhi sono chiusi
le mie mani stanche
ho sete e soffro
ma non abbastanza
Scendo ancora una volta
solo una, una soltanto
nel mio amato groviglio
di libri.
E' un pò come.
È un po’ come parlare del proprio omicidio
con il proprio assassino.
È un po’ come chiedere al proprio salumiere
se i formaggi del suo banco sono freschi.
È un po’ come aver scelto di vivere a Milano
e lamentarsi ogni giorno di non avere un orto.
con il proprio assassino.
È un po’ come chiedere al proprio salumiere
se i formaggi del suo banco sono freschi.
È un po’ come aver scelto di vivere a Milano
e lamentarsi ogni giorno di non avere un orto.
mercoledì 19 agosto 2009
venerdì 14 agosto 2009
Lasciatevi ipnotizzare.
Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
Non ricordi più il viso,non ricordi la voce
Quando il cuore ormai tace a che serve cercare
Ti lascio andare, forse meglio così
Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
L'altro che adoravi, che cercavi nel buio
L'altro che indovinavi in un batter di ciglia
E tra le frasi e le righe e il fondotinta
Di promesse agghindate per uscire a ballare
Col tempo sai, tutto scompare.
Col tempo sai col tempo tutto se ne va
Ogni cosa appassisce e mi scopro a frugare
In vetrine di morti,quando il sabato sera
la tenerezza rimane senza compagnia.
Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
L'altro a cui tu credevi anche un colpo di tosse
L'altro che ricoprivi di gioielli e di vento
Per cui avresti impegnato anche l'anima al monte
A cui ti trascinavi alla pari di un cane
Col tempo sai tutto va bene
Col tempo sai, col tempo tutto se ne va
Non ricordi più il fuoco non ricordi le voci
Della gente da poco e il loro sussurrare
Non ritardare copriti con il freddo che fa.
Col tempo sai col tempo tutto se ne va
E ti senti il biancore di un cavallo sfiancato
In un letto straniero ti senti gelato
Solitario ma in fondo in pace col mondo
E ti senti ingannato dagli anni perduti
E allora tu, col tempo sai...non ami più.
Leo Ferrè.
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