Quante volte hai chiamato e sapevo era tardi
Ho lasciato gli amici nelle curve degli anni
Non mi sembra una colpa ma capisco il tuo piano
C’è una Legge, e c’è un Braccio, c’è una Mano
Il mio cuore ribolle per le cose che ho fatto
Se la luna ha gemelle hanno proprio il tuo aspetto
E anche se non volevo sto perdendoti invano
C’è una Legge, e c’è un Braccio, c’è una Mano
Ora il patto è infangato, dall’inizio del fango
Ma non chiedo clemenza a chi sta giudicando
Nelle aule dell’uomo non esiste il perdono
C’è una Legge, e c’è un Braccio, c’è una Mano
Non mi assumo la colpa, accetto il destino
C’è una Legge, e c’è un Braccio, c’è una Mano
Quel che avevo da dire te l’ho raccontato
Non è stato per niente che mi han condannato
Io e il mio angelo stretti giù dal cielo cadiamo
C’è una Legge, e c’è un Braccio, c’è una Mano
{di Leonard Cohen "The Law", tradotta da Flavio Poltronieri e Marco Ongaro}
www.veronicamarchi.it
martedì 30 marzo 2010
lunedì 15 marzo 2010
Un giorno in più.
Uno strappo.
E alla fine più niente.
Si sente soltanto il tonfo sordo di un piccolo oggetto che cade, sul pavimento di legno, sul traffico del tempo. Si appoggia leggero e sembra quasi una piuma, il suo corpo soffice è una tela sul mondo, un disegno a matita, un disastro perfetto.
Era buio, fino al giorno prima che arrivasti. Era tutto attorcigliato, spento, spoglio. Quasi non sentivo più il tatto, e gli odori non mi sembravano più gli stessi, anche i colori avevano perso la luce e i miei spazi non sapevano più parlare, avevano perso la ragione, ogni cosa era stanca e sdrucita, ogni singola parte di me avvilita, sfoglia, imbruttita. Anche la mia persona, il mio corpo. Tutto mi appariva senza senso, e nelle pieghe dei miei pensieri aveva trovato spazio un brutto sogno. Era necessario un risveglio, ma da dove potevo cominciare? Come sabbie mobili, i miei giorni si susseguivano costruendomi intorno un rebus senza fine, costringendomi ad usare tutte le forze a disposizione per non sentirmi sola, ancora più sola di quanto non fossi. A mio modo speravo, e ogni tanto provavo a rispondermi con una pacca sulla spalla, ma in certe circostanze non esiste conforto se non la realtà capovolta, la svolta perfetta, la curva a gomito della vita.
Uno strappo. Ci voleva uno strappo.
Hai trovato la foce. Non mi restava altro che aspettare un giorno in più, sulla sponda del fiume.
Se tutto, in questa vita, è predestinato, allora mi piace pensare che ogni nostro movimento sia stato disegnato perfettamente, e che da qualche parte qualcuno abbia deciso per noi, altrimenti non saprei davvero come spiegarmi il presente, e il modo così semplice con cui abbiamo bevuto quest'acqua di fonte. Se poi penso a quanto hanno cercato di sporcarla, quest'acqua, allora mi accorgo in un lampo che siamo uguali. Dovevamo soltanto incontrarci, o rivederci ancora una volta, per confermare la scintilla. Una luce non può spegnersi da sola.
Ci serviva solo un giorno, e lo strappo del tempo avrebbe fatto tutto il resto.
E alla fine più niente.
Si sente soltanto il tonfo sordo di un piccolo oggetto che cade, sul pavimento di legno, sul traffico del tempo. Si appoggia leggero e sembra quasi una piuma, il suo corpo soffice è una tela sul mondo, un disegno a matita, un disastro perfetto.
Era buio, fino al giorno prima che arrivasti. Era tutto attorcigliato, spento, spoglio. Quasi non sentivo più il tatto, e gli odori non mi sembravano più gli stessi, anche i colori avevano perso la luce e i miei spazi non sapevano più parlare, avevano perso la ragione, ogni cosa era stanca e sdrucita, ogni singola parte di me avvilita, sfoglia, imbruttita. Anche la mia persona, il mio corpo. Tutto mi appariva senza senso, e nelle pieghe dei miei pensieri aveva trovato spazio un brutto sogno. Era necessario un risveglio, ma da dove potevo cominciare? Come sabbie mobili, i miei giorni si susseguivano costruendomi intorno un rebus senza fine, costringendomi ad usare tutte le forze a disposizione per non sentirmi sola, ancora più sola di quanto non fossi. A mio modo speravo, e ogni tanto provavo a rispondermi con una pacca sulla spalla, ma in certe circostanze non esiste conforto se non la realtà capovolta, la svolta perfetta, la curva a gomito della vita.
Uno strappo. Ci voleva uno strappo.
Hai trovato la foce. Non mi restava altro che aspettare un giorno in più, sulla sponda del fiume.
Se tutto, in questa vita, è predestinato, allora mi piace pensare che ogni nostro movimento sia stato disegnato perfettamente, e che da qualche parte qualcuno abbia deciso per noi, altrimenti non saprei davvero come spiegarmi il presente, e il modo così semplice con cui abbiamo bevuto quest'acqua di fonte. Se poi penso a quanto hanno cercato di sporcarla, quest'acqua, allora mi accorgo in un lampo che siamo uguali. Dovevamo soltanto incontrarci, o rivederci ancora una volta, per confermare la scintilla. Una luce non può spegnersi da sola.
Ci serviva solo un giorno, e lo strappo del tempo avrebbe fatto tutto il resto.
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