Oggi è uno di quei giorni che sembrano perfetti.
Forse sto solo constatando la veridicità della teoria che è sempre meglio svegliarsi un po’ prima, la mattina, e che faccio bene a dormire in modo ordinato, le mie solite otto ore, senza lasciarmi condizionare dalle vite degli altri, dal giudizio di chi crede che andare a letto presto (mezzanotte, si intende) sia da sfigati, da perdenti, e che non sia artistico, o interessante.
Li devo contraddire, tutti questi cialtroni prosciuttati.
Andare a letto quando si ha sonno, questo di dovrebbe fare! Senza tirare la corda a chissà quale orario.
La notte mi piace, ma quando la mattina si apre con un bellissimo sole, e molto presto, perché è estate, quasi estate e non vedi l’ora di prendere la bici e respirare l’aria dolce dei prati vicino casa…credo valga la pena di essere vissuta.
Ho scoperto che è vero, le giornate mi sembrano eterne quando mi sveglio anche solo un’ora prima del solito. Faccio un sacco di cose che solitamente non faccio, sistemo più cose, sono più attiva, respiro più a fondo, e non ho quelle occhiaie profonde da Dracula sotto gli occhi, che mi danno un aspetto lento e rugoso, e che non mi piace vedermi addosso.
Oggi è così che mi sento, come una liceale in procinto di scoprire il mondo, zaino in spalla e sogni in tasca.
Tutto è leggero, ogni gesto è accompagnato da un soffio di vita costante, e sorrido più volentieri. Dovrebbe essere prescritta come cura per tutti i pigri del mondo, questa. Sveglia alle 8, colazione leggera, e smetterla di rimandare a domani quello che puoi fare benissimo oggi, e sentirti meglio, molto meglio di quando posticipi a oltranza…e tutto si accartoccia nell’angolo, ed è difficilissimo poi toglierlo da lì, e pulire bene dove hai lasciato volontariamente un bel po’ di casino. E tutto questo per non agire. Che sembra più una lotta vana con se stessi, per altro piuttosto ridicola.
Oggi potrei anche sposarmi, se ne avessi il coraggio. Potrei camminare per ore, lungo il fiume, e godere della sensazione di piedi gonfi e doloranti, la sera, quando ritorno a casa e tolgo le scarpe da ginnastica che ho addosso dal mattino. La pace mi assomiglia, e penso abbia il volto di chi sa apprezzare le cose piccole che la vita regala, nei momenti in cui sei capace di lasciarti andare agli eventi, e assecondi le vere esigenze del tuo corpo, della tua mente, della tua anima.
Lo sapevo, infondo. Ci pensavo tutti i giorni che avrei dovuto, un giorno di questi semmai, fare un passo indietro e concedermi un risveglio più regolare.
Aveva ragione il mio intuito, e non ci vuole in effetti una scienza per capirlo. Ci sarà ben una ragione per cui, quando vai a scuola, sei costretto ad alzarti presto e a stare attento al maestro nelle prime ore della giornata.
Mi ricordo di me, ai tempi della scuola, e ho sempre questa immagine solare davanti agli occhi. Amavo, per certi versi, andare a scuola. In quelle aule ho respirato sensazioni che non ho mai più ritrovato, non esiste in nessun altro luogo lo stesso sapore di conquista, la stessa ansia di conoscenza, lo stesso inconsapevole trasporto verso le cose, verso la novità, e non esistono posti che abbiano l’odore della classe in cui ogni mattina entri, ti siedi e provi a capire chi sei.
Mi ricordo di me, all’uscita da scuola. Non volevo mai prendere l’autobus, avrei pagato per poter tornare a casa in motorino, ma era così obbligatorio… e io non ci ho mai fatto l’abitudine. Non c’era verso di non subire una sorta di pressa umana totale, che ti impediva a volte anche di scendere alla fermata giusta. Io non avrei mai osato spingere per scendere, e subivo anche la passeggiata inutile verso casa, pur di non alzare la voce. Speravo sempre che nessuno mi notasse. Mi immergevo nel walkman, a volume altissimo, e addio a tutti. Com’è buffo accorgermi che anche oggi faccio la stessa cosa, con l’unica differenza che sono più grande, minimamente più sicura di me.
Com’è dolce sapere che ci sono cose uniche, nella vita, e che finisci per apprezzarle nel momento in cui le ricordi. E come mi piace cercare di riportare al presente quel profumo inconfondibile che avevano i banchi verdi del liceo magistrale, pieni di scritte di scolorina e indelebile nero a punta grossa.
Io non voglio dimenticare, anche se il tempo ci prova sempre a cancellare gentilmente ogni cosa.
Io voglio riassaporare, e perché no, continuare a tentare di sentirmi sempre così, sempre curiosa, sempre fiduciosa nel domani…gli occhi aperti, le mani sul manubrio, schiena dritta e pedalata lenta con qualche scatto in piedi, per darsi una spinta sul rettilineo cittadino del tempo.
A testa in su, pronta a fermarmi al primo gelataio.
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martedì 19 maggio 2009
domenica 3 maggio 2009
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