
Ci sono cose che rimangono dentro di noi per sempre.
E' probabile che siano soltanto oggetti, cose immobili, cose che puoi toccare ma che in realtà non hanno vita.
A volte anche solo una graffetta ti ricorda qualcosa, una precisa cosa che non puoi dimenticare o slegare da quel singolo oggettino piccolissimo, apparentemente insignificante per molti. Ma per te unico.
Ho cantato questa canzone ieri sera. Il pianista l'ha improvvisata al momento, io il testo lo avevo, lo porto sempre con me, è un brano che mi piace, che però non avevo mai cantato dal vivo.
Lui lo suona, e io inizio a cantarlo. Così mi accorgo che non è slegato, per niente, dai ricordi, e che ogni immagine di me del passato riaffiora nota dopo nota.
La casa, il "mangiadischi", il fruscio della puntina sul piatto che gira, i solchi musicali, una melodia che non comprendo, non è immediata per le mie orecchie di tredicenne, però la adoro, la ascolto e la riascolto...Non mi curo del lato b del 35giri, penso di non aver mai neanche ascoltato "Shoulder Holster", adesso che ci penso.
Non capivo. E forse non serviva capire, perchè a volte ciò che è incomprensibile ti si attacca alla pelle più indelebilmente.
La mia innocenza non mi sapeva dire cosa volesse comunicare Elton John dicendo "What do i gotta do to make you love me, what do i gotta do to make you care...".
Forse tutto si è attaccato alla pelle indelebilmente per essere assorbito dai sensi, metabolizzato ed espresso oggi, dodici anni dopo, in una serata qualsiasi, in un luogo qualsiasi.
L'emozione attraversa il tempo, le stagioni, i colori.